La
separazione giudiziale
Viene pronunciata dal Tribunale
su richiesta di uno dei coniugi. Può essere richiesta quando si verificano,
anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti
tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare
pregiudizio all'educazione della prole.
Il
procedimento di separazione giudiziale
La competenza in materia è
affidata al Tribunale del luogo in cui risiede il convenuto. La fase iniziale
si svolge davanti al Presidente del Tribunale, al quale spetta la fissazione
della data in cui dovranno comparire entrambi i coniugi: in questa sede egli
tenterà di conciliarli, sentendoli prima separatamente e poi insieme; se la
conciliazione riesce o se il coniuge che ha proposto ricorso rinunzia al
giudizio, il presidente ordina la redazione del verbale di conciliazione o di
rinuncia all'azione. Nel caso di fallimento del tentativo di conciliazione o
di mancata comparizione del coniuge convenuto, il presidente provvede anche
d'ufficio con ordinanza inoppugnabile a regolare gli atti provvisori e urgenti
che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e dei figli. Si tratta di
provvedimenti temporanei emessi in attesa della sentenza, che riguardano
soprattutto l'autorizzazione a vivere separatamente, l'obbligo dell'assegno di
mantenimento, l'affidamento dei figli, l'assegnazione dell'uso dell'abitazione
familiare anche qualora questa appartenga all'altro coniuge. Il presidente
nomina poi il giudice istruttore dinnanzi al quale proseguirà la causa
secondo il rito ordinario fino all'emissione della sentenza: questi può
decidere di revocare o modificare il contenuto dell'ordinanza del tribunale. A
seguito della separazione i coniugi decadono dal dovere di coabitazione; per
quanto riguarda il dovere di fedeltà, la giurisprudenza ritiene che sia da
considerare estinto, ma viene fatto divieto di comportamenti lesivi della
dignità dell'altro coniuge. La legge disciplina le conseguenze della
separazione solo in relazione alla prole, all'aspetto patrimoniale e al
cognome della moglie.
I
provvedimenti verso i figli
Qualora vi siano figli
minorenni, il giudice deve emettere tutti i provvedimenti necessari nei loro
confronti con esclusivo riferimento al loro interesse morale e materiale.
Innanzitutto, dichiarare a quale dei coniugi essi saranno affidati. Potrà, in
presenza di gravi motivi, ordinare che la prole sia collocata presso una terza
persona o, nell'impossibilità, in un istituto di educazione. Inoltre,
stabilirà la misura e il modo con cui l'altro coniuge deve contribuire al
mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli, nonché le modalità
di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi: ciò significa che dovrà
quantificare l'assegno di mantenimento a favore del coniuge affidatario e le
modalità del diritto di visita riguardanti il non affidatario. In ogni caso
deve tener conto di quanto pattuito tra le parti senza però che ciò vincoli
in alcun modo la decisione del tribunale. Il coniuge cui sono affidati i
figli, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della
potestà su di essi e , salvo che sia diversamente stabilito, le decisioni
giornaliere e ordinarie sono di competenza del genitore affidatario; per le
scelte determinanti nella vita del figlio occorre il consenso di entrambi i
coniugi. Qualora il coniuge affidatario decida su una questione di maggiore
interesse senza rispettare quanto pattuito da entrambi è ammissibile il
ricorso al giudice. Il coniuge cui i figli non sono affidata conserva sempre
il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e
conseguentemente può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state
assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
L'abitazione
nella casa familiare
Per quanto concerne
l'abitazione nella casa familiare, esso spetta di preferenza, e ove ciò sia
possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli, anche se la casa non è di
sua proprietà. Questa disposizione, volta a consentire al figlio di vivere
nel luogo in cui è cresciuto, si ritiene estendibile anche al coniuge
affidatario di figli maggiorenni, e riguarda solo la prima casa. Il giudice
dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e,
nell'ipotesi che l'esercizio della potestà sia affidata a entrambi i genitori,
il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale. Infine i coniugi
hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni
concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della
potestà su di esse e le disposizioni relative alla misura e alla modalità
del contributo.
Gli
effetti sui rapporti patrimoniali tra i coniugi
L'obbligo di contribuzione al
mantenimento dell'altro coniuge sussiste solo se la separazione non sia in
alcun modo addebitabile al richiedente e a condizione che quest'ultimo non
possegga adeguati redditi propri. In caso di pronunzia di addebitabilità è
applicabile l'assegno alimentare e non quello di mantenimento. Il giudice può
imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale, se esiste il
pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento dell'obbligo, e , in caso di
inadempienza, su richiesta dell'avente diritto può disporre il sequestro di
parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare a terzi, tenuti a
corrispondere anche periodicamente somme di denaro all'obbligato, che una
parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto. Tutti i
provvedimenti emessi in relazione ai rapporti patrimoniali tra i coniugi e ai
figli possono essere revocati o modificati, anche quando la sentenza sia
passata in giudicato, qualora sopravvengono giustificati motivi.
Successione
a seguito di separazione
Qualora muoia uno dei coniugi
separati, l'altro è ammesso a succedergli in qualità di erede legittimo o
necessario, ma a condizione che non gli sia stata addebitata la separazione.
Se si è invece in presenza di una pronunzia di addebito già passata in
giudicato, il coniuge sopravvissuto decade dal diritto dell'eredità, tuttavia
gli è dovuto un assegno vitalizio, se percepiva gli alimenti. Allo stesso
modo, la separazione non estingue il diritto all'assistenza medica
mutualistica, alla pensione di reversibilità e ai contributi dovuti in base
al trattamento di fine rapporto, ma sempre a condizione che non sussista
alcuna pronunzia di addebito a carico del coniuge richiedente.
Uso del
cognome del marito
Il giudice può vietarlo alla
moglie quando tale uso sia gravemente pregiudiziale al marito e può parimenti
autorizzarla a non usarlo, qualora possa derivarle grave pregiudizio.
La
riconciliazione
I coniugi possono di comune
accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia
necessario l'intervento del giudice, con un'espressa dichiarazione o con un
comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.
Ciò si verifica, ad es., quando due coniugi separati riprendono a convivere e
ristabiliscono la comunione spirituale e materiale tra loro; rapporti sessuali
occasionali non comportano invece la riconciliazione. A seguito della
riconciliazione cessano gli effetti della sentenza di separazione. Essa
inoltre preclude che la separazione possa essere nuovamente pronunziata per
fatti e comportamenti avvenuti prima della riconciliazione: una nuova
separazione può essere dichiarata solo a seguito di fatti avvenuti dopo di
essa. Quando la riconciliazione avviene prima della sentenza produce
l'abbandono della domanda di separazione personale già proposta.
La
separazione consensuale
Si svolge con un procedimento più rapido e permette ai coniugi di non sottoporre le proprie questioni
private dinnanzi al giudice e di procedere con maggior economia: per tale
ragione risulta essere più diffusa rispetto alla separazione giudiziale.
Requisiti essenziali sono il consenso tra le parti e l'omologazione del
giudice. L'accordo deve vertere su tutti i punti richiesti perché possa
attuarsi lo stato di separazione: dunque i coniugi devono determinare a chi
saranno affidati i figli, le modalità di contribuzione al mantenimento degli
stessi e del coniuge legittimato, la disponibilità della casa familiare.
Inoltre, qualsiasi clausola stabilita tra i coniugi che sia in contrasto con
norme imperative è nulla: ad es., il coniuge cui spetti l'assegno alimentare
non può rinunciarvi; allo stesso modo, non può esimersi dal mantenimento dei
figli, a meno che non versi in stato di bisogno. Raggiunto l'accordo è
necessario ricorrere al giudice affinché pronunci l'omologazione; il ricorso
deve essere presentato da entrambi i coniugi o da uno solo; il presidente del
tribunale deve ascoltarli e cercare di conciliarli: qualora la
riconciliazione non riesca si dà atto nel processo verbale del consenso alla
separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi e i figli.
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